Hyperion (Urania) by Dan Simmons

Hyperion (Urania) by Dan Simmons

autore:Dan Simmons [Simmons, Dan]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Mondadori
pubblicato: 2024-08-13T12:00:00+00:00


«Dove ha preso quella bottiglia di vino?» gli chiese Kassad…

Sileno sorrise. Alla luce di una lanterna, i suoi occhi erano piccoli e vividi. «La cambusa è ben fornita, c’è anche il bar. L’ho dichiarato aperto.»

«Bisognerebbe preparare la cena» disse il Console, anche se in quel momento desiderava solo un po’ di vino. Non mangiavano da dieci ore.

Sentendo un rumore metallico e un ronzio, tutti e sette si accostarono al parapetto di tribordo. La passerella si era ritirata. Si girarono di nuovo, mentre le vele si srotolavano, le sartie si tendevano e da qualche parte un volano ronzava raggiungendo gli ultrasuoni. Le vele si gonfiarono, il ponte s’inclinò, e il carro a vela si allontanò dalla banchina nell’oscurità. Si sentiva solo lo sbattere delle vele e lo scricchiolio della nave, il lontano brontolio della ruota e il fruscio dell’erba contro la parte inferiore dello scafo.

Tutti e sette rimasero a guardare mentre la scarpata buia si allontanava e il falò che serviva da faro si riduceva al debole bagliore di una luce stellare sopra il legno chiaro; poi ci furono solo il cielo e la notte e i cerchi ondeggianti della luce di lanterna.

«Vado di sotto» disse il Console. «Vedo se riesco a mettere insieme un pasto.»

Gli altri si trattennero un poco sul ponte; sotto i piedi sentivano una leggera vibrazione, mentre guardavano scorrere il buio. Il mar d’Erba era adesso solo la linea dove finivano le stelle e iniziava la piatta oscurità. Kassad illuminò di sfuggita con la torcia le vele, le sartie e le funi tirate da mani invisibili; poi controllò tutti gli angoli e i punti in ombra, da poppa a prua. Gli altri rimasero a guardare in silenzio. Quando Kassad spense la torcia, le tenebre sembrarono meno opprimenti, e la luce delle stelle più vivida. Un odore ricco, fertile, più di fattoria in primavera che di mare, arrivò sulle ali della brezza che aveva spazzato mille chilometri d’erba.

Più tardi il Console li chiamò e tutti scesero a cenare.

La cambusa aveva poco spazio e non c’era tavolo mensa: usarono come sala comune la cabina più ampia, quella di poppa, e accostarono tre bauli per ottenere un tavolo di fortuna. Quattro lanterne che dondolavano dalle basse travi illuminavano il locale. La brezza entrò, quando Het Masteen aprì un’alta finestra sopra il letto.

Il Console mise sul baule più grande un vassoio pieno di panini e poi tornò con alcune grosse tazze bianche e un thermos di caffè. Mentre gli altri mangiavano, riempì le tazze.

«L’arrosto è buono» disse Fedmahn Kassad. «Dove l’ha preso?»

«Il frigo è ben fornito. Nella cambusa di poppa c’è un altro grosso congelatore.»

«Elettrico?» domandò Het Masteen.

«No. A doppio isolamento.»

Martin Sileno annusò un vasetto, trovò sul vassoio un coltello e aggiunse al suo panino una generosa quantità di rafano. Quando lo mangiò, gli occhi gli si riempirono di lacrime.

«Quanto tempo richiede la traversata, in genere?» chiese Lamia al Console.

Lui alzò lo sguardo, smettendo di contemplare nella tazza il cerchio di caffè nero bollente. «Prego?»

«La traversata del mar d’Erba. Quanto tempo richiede?»

«Una notte più mezza giornata, fino alle montagne.



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